SANTA MARIA DELLA PIETA’…e i pazzi siete voi…
 
5/12
 
Questa mattina sono andato a rinnovare la carta d’identità al “Santa Maria della pietà”, l’ex manicomio provinciale che ospita oggi un’ala ospedaliera ma anche alcuni uffici del diciannovesimo municipio. La definitiva destinazione del complesso è comunque ancora incerta: si è parlato  del trasferimento di  alcune facoltà universitarie, della creazione di un centro culturale, ecc.
Il dramma della malattia mentale è poi ancora vivo in tutta la sua feroce gravità. La Legge Basaglia ha infatti giustamente chiuso i “manicomi” ma ha lasciato aperto il problema su come assistere le persone colpite da grave disagio psichico e dare sostegno alle famiglie che si trovano a vivere in una situazione così difficile. Sostenere il malato vuol dire curarlo ma anche, quando non è possibile, alleviargli il più possibile la sofferenza, senza alcuna forma di segregazione o violenza (difficile cancellare dagli occhi le immagini dei film “Qualcuno volò sul nido del cuculo” o il recente “La meglio gioventù”).
E fin qui ”chi se ne frega” o “che c’entra”, direte voi.
In realtà, la mattinata di oggi mi ha riportato alla mente un aneddoto raccontato da Giorgio Lo Cascio in un breve libro dedicato ad Antonello Venditti. Sempre in tema di canzoni, mi piace poi ricordare “I matti” (“Terra di nessuno”, 1987) di Francesco De Gregori, protagonista con Antonello e Giorgio del piccolo episodio che cito di seguito e il bel lavoro fatto da Simone Cristicchi con “Ti regalerò una rosa”, il brano dedicato alla malattia mentale che è stato accompagnato anche da un libro e un documentario.
 

Foto tratta da:
 
 

 (…) I matti non hanno più niente, intorno a loro più nessuna città,
anche se strillano chi li sente, anche se strillano che fa.
I matti vanno contenti, sull’orlo della normalità,
come stelle cadenti, nel mare della Tranquillità (…)
("I matti", "Terra di nessuno", 1987, Francesco De Gregori)
 
 

Antonello Venditti “Canzoni”
a cura di Giorgio Lo Cascio,1981 Latoside pagina 17
 
“(…) Vi furono poi situazioni fuori dal comune, come quel giorno in cui il figlio del nostro discografico chiese a Francesco, ad Antonello e a me di tenere un concerto per i ricoverati del Santa Maria della Pietà, che allora venivano ancora chiamati “matti”. Ovviamente accettammo tutti e tre. Venimmo condotti in un enorme parco abbandonato che ricordava vagamente il Giardino Zoologico di Roma. C’erano dei padiglioni fatiscenti (non si resiste alla tentazione di utilizzare questo vocabolo) tra i quali si muovevano persone diafane in camicia da notte. Avevano preparato una festa bellissima con dolcini, spumante e festoni alle pareti. Una donna prese in disparte me e Francesco chiedendoci di portare un biglietto al suo avvocato affinché la tirasse fuori di lì, dove l’avevano rinchiusa senza alcun motivo. La suora ci disse che quella era la sua mania, eppure ogni volta che ripenso a quella storia mi ritorna il rimorso sordo di non aver portato quel biglietto, e la sensazione che ci fosse qualche cosa di strano in quella situazione. Il concerto fu accolto con molto entusiasmo, con un entusiasmo forse un po’ scomposto ma indubbiamente spontaneo: Antonello si concesse un applauditissima “Roma capoccia”, io mi ingarbugliai cantando una canzone d’amore, ma il momento più terribile venne quando Francesco cantò “Alice non lo sa”. Antonello ed io ci guardammo terrorizzati in attesa del fatidico ritornello che dice: “Ma io non ci sto più/ e i pazzi siete voi”. Quel momento non venne perché Francesco cambiò con grande disinvoltura l’ultima parte del verso. (….)”
 (….) Mi chiamo Antonio e sto sul tetto
Cara Margherita son vent’anni che ti aspetto
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce
Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E ti stupisci che io provi ancora un’emozione?
Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare(…)
Simone Cristicchi, "Ti regalerò una rosa", Dall’altra parte del cancello (2007)

 

4 Risposte a “”

  1. curioso l’aneddoto!problematica seria quella dei “matti”…Ricordo che un mio prof alle medie ci lavorava e cercava di aiutarli col teatro. A noi studenti ricordava sempre che ci vuole sensibilità e che forse i pazzi eravamo noi…

    Di De Gregori un’altra canzone parla di pazzia:

    LA CASA DEL PAZZO

    In cima alla collina del tridente

    appollaiata come una gallina

    c’è la casa che il pazzo ha costruito

    per avere la luna più vicina.

    Il pazzo sta scrivendo da vent’anni

    una canzone senza verità

    ma adesso è tardi e forse questa sera

    metterà un punto e l’abbandonerà.

    Le stelle sono fredde in fondo al porto

    dove le case cambiano colore

    dove c’è il molo dei contrabbandieri

    e costa un po’ di meno anche l’amore.

    Fra i marinai che aspettano l’imbarco

    e ridono chiedendo un altro litro

    un vecchio guarda fisso oltre le navi

    dove il suo mare è diventato vetro.

    In cima alla collina del tridente

    la luna sembra proprio una patata

    il palazzo del matto è illuminato

    la festa del perdono è cominciata.

    Scendendo dalle nuvole più basse

    un angelo è volato nella stanza

    e ha regalato al pazzo la pistola

    e il pazzo la pulisce con troppa noncuranza.

    Sulla sua tomba il vento sarà un bacio

    l’erba la carezza di un amante

    quando l’agnello belerà più forte

    e il mare sarà un po’ meno distante.

    E il vecchio in fondo al porto sarà un santo

    che si ubriaca con la sua virtù

    ricordando che il mare era diverso

    quando ha navigato in gioventù.

  2. ….. già la pazzia!!! GRAZIE GEMEL x aver ricordato e fatto presente che qsto” problema” esiste ancora!!! …X NON DIMENTICARE…

    Andrea.

  3. è vero! bella citazione, Marta!

    …e anche molto azzeccata con il periodo di questo aneddoto!

    l’avete visto per intero il video di ieri dalla Ventura? (Antonello e Francesco Theorius campusss)

    off topic:

    Stasera in tv: Billy Elliot (a chi non l’ha visto lo consiglio!)

  4. Cari amici di Vendittando… e Vendittiani anche se non riesco a essere presente qui come vorrei, passo per lasciare a voi tutti i miei più cari auguri di Buon Natale… all’insegna dell’armonia e della serenità e della sensibilità che un post come questo ci ricordano!

    PS: ho letto anche con molto interesse il post precedente sul “vecchio e il nuovo” Antonello e mi dispiace non avere avuto tempo per commentarlo… condivido comunque il pensiero di Michele… ma penso che forse i cambiamenti che vediamo in Antonello e nel suo modo di fare musica siano solo legati alle fasi della sua vita, ora probabilmente i suoi interessi non sono cambiati forse ma sono guardati con occhi diversi, più maturi e quindi meno ribelli… chissà

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